L’obesità è una patologia caratterizzata da una patogenesi multifattoriale e da una presentazione clinica complessa e variabile.

Un approccio multidisciplinare a un problema multidimensionale

Il contesto di diagnosi e cura, dovrebbe sempre tener conto della multidimensionalità e quindi della necessità di un approccio gestito da professionisti differenti e con competenze specifiche. Professionisti che interagiscono tra di loro in una cooperazione intenzionale, consapevoli che l’intervento di ciascuno faciliterà anche gli altri aumentando di conseguenza l’efficacia della terapia.

L’equipe interdisciplinare, secondo il modello bio-psico-sociale, dovrebbe essere composta almeno da queste figure:

  • dietista/nutrizionista
  • medico obesiologo
  • psicologo-psicoterapeuta
  • personal trainer/esperto attività motoria
  • case manager

La presenza di altri professionisti (psichiatra, endocrinologo, internista, fisiatra ecc.) costituirebbe un ulteriore arricchimento sia dal punto di vista diagnostico che terapeutico.

Quale dieta? Quante calorie?

La prescrizione di una dieta non restrittiva, ovvero di apporto calorico pari o superiore al metabolismo basale e perciò in grado cioè di soddisfare i fabbisogni energetici di base dell’individuo, riduce il pensiero costante sul cibo e sul controllo e permette la creazione di spazi mentali utili per il lavoro psicologico motivazionale verso il cambiamento.
L’attività motoria, inoltre, grazie all’attivazione dei circuiti neurobiologici del benessere, contribuisce a creare una condizione mentale ottimale per lavorare su se stessi e cogliere la convenienza di tale cambiamento.
Oltre a contenere i diversi macronutrienti sulla base di un apporto calorico bilanciato, la dieta dovrà risultare equilibrata rispetto alla spesa energetica personale di ogni individuo, cioè assicurare un introito calorico complessivo sicuro, non inferiore al valore del dispendio energetico a riposo. (De Lorenzo & Di Rienzo, 2010).

E’ quindi raccomandabile l’utilizzo della calorimetria indiretta  per poter effettuare una prescrizione dietetica mirata ai fabbisogni energetici del singolo individuo (McClave et al., 2013).

Una dieta personalizzata dovrebbe poi essere formulata anche sulla base dei parametri che giustificano l’eccesso adiposo e valutano la massa magra (De Lorenzo & Di Rienzo, 2010). A tal proposito, la bioimpedenziometria è un esame che permette di analizzare quantitativamente e qualitativamente la composizione corporea iniziale e le sue modifiche in corso di terapia.

Quale obiettivo ?

La figura del dietista/medico nutrizionista è quindi essenziale perché il paziente venga accompagnato in un percorso utile alla perdita del peso, al mantenimento e all’apprendimento dell’alimentazione salutare e bilanciata.
Nonostante questa parte sia di fondamentale importanza, la perdita di peso non è l’obiettivo principe della terapia e non può essere ottenuto con la sola prescrizione dietetica. E’ stato infatti dimostrato che la maggior parte dei trattamenti dietetici da soli ha un tasso di fallimento a cinque anni che varia dal 60 al 90% (De Lorenzo, 2009).
Secondo recenti scoperte del National Weight Control Registry, inoltre, avere un obiettivo in termini di peso è controproducente: ancora peggio è poi stabilire un peso ideale come obiettivo, in quanto le possibilità di raggiungerlo e mantenerlo sono pressoché nulle e la persona tenderà a non focalizzarsi sugli altri cambiamenti ottenuti.
Il lavoro del medico nutrizionista deve quindi essere integrato da quello dello psicologo che prevede la strutturazione di un intervento motivazionale in fase iniziale per far nascere nel paziente il desiderio del cambiamento ed educarlo alla valorizzazione dei guadagni terapeutici che diventeranno così rinforzi motivazionali a loro volta.

Imparare a gestire il cambiamento

Un recente studio ha evidenziato che l’adozione del colloquio motivazionale con un paziente obeso in trattamento è associato ad una riduzione della massa corporea significativamente superiore rispetto a quella che si ottiene quando questo non viene proposto (Armstrong et al., 2011).
In un’ottica di cambiamento è tanto importante il sostegno motivazionale quanto l’acquisizione di abilità per prevenire le ricadute e gestire i risultati ottenuti nel lungo periodo(Brownley et al., 2010).

Il paziente, attraverso un lavoro cognitivo e comportamentale, fa esperienza (“fare”), apprende abilità (“saper fare”) e successivamente interiorizza la competenza (“sapere di sapere come fare”), diventando attore protagonista del cambiamento. Da ricerche effettuate tramite il National Weight Loss Registry si identificano fattori chiave presenti in programmi di trattamento proposti a pazienti che hanno raggiunto un’importante perdita di peso mantenuta a cinque anni. Tra questi fattori si ritrovano abilità di pianificazione, problem solving e introduzione di cambiamenti realistici, appropriati, incrementali, positivi e specifici. Trattamenti che includono automonitoraggio, specificazione degli obiettivi e insegnamento di strategie per il mantenimento a lungo termine sono associati ad una maggiore perdita di peso nel tempo(Le Blance et al., 2011).
Secondo il modello biopsicosociale (Engels, 1977), oltre alla componente biologica e a quella psicologica, dev’essere tenuto in considerazione l’ambiente all’interno del quale questo cambiamento avviene. Per questo, si rende indispensabile il coinvolgimento della famiglia in un contesto di terapia o di flusso informativo bidirezionale.

Mangia quello che ti serve ma muoviti per dimagrire

Un approccio interdisciplinare alla cura dell’obesità prevede la prescrizione dell’attività motoria in associazione alla riabilitazione psiconutrizionale: per questo l’equipe deve includere un operatore esperto in tale ambito. Infatti è stato dimostrato che un trattamento che includa ambedue le componenti è più efficace e consente il mantenimento della perdita di peso nel lungo periodo (Gourlan et al., 2011).
Inoltre, l’associazione di attività fisica e dieta produce dei miglioramento nei fattori di rischio e nel peso con un picco di intensità a 12 mesi dall’inizio del programma (Dombrowsky et al., 2010).
L’attività motoria ha la capacità di apportare benefici insostituibili non solo a livello di salute e di gestione del peso, ma anche a livello neurologico stimolando il circuito dopaminergico responsabile della sensazione di piacere e di soddisfazione (Wang et al., 2011). Pertanto può essere considerata un farmaco naturale che, in quanto tale, viene somministrato al paziente secondo precisi dosaggi: con un esercizio fisico aerobico di intensità moderata di durata inferiore ai 150 min a settimana la riduzione ponderale è minima; con 150-250 min a settimana la riduzione è modesta (2.3 kg in 6-12 mesi); infine una durata compresa tra 250 e 400 min a settimana è associata ad un decremento ponderale di circa 5,0-7,5 kg in 6-12 mesi. (SIO, 2012)
A questo proposito, l’educazione al movimento è parte costituente fondamentale della terapia per l’obesità. L’uso del contapassi in questo caso è molto utile e ha un effetto positivo nell’aumento dell’attività fisica quotidiana (Kang et al., 2009).

Il ruolo del case manager

All’interno dell’equipe interdisciplinare, la figura del case manager è essenziale per la gestione ottimale del caso clinico. Il piano di cura, infatti, dev’essere disegnato ad personam e continuamente ricalibrato per tutta la durata del percorso terapeutico (Consensus SIO-SISDCA); pertanto il case manager associa a competenze di merito, proprie e delle altre discipline, capacità organizzative che gli permettano di diventare figura di riferimento per il paziente e gli operatori.
L’introduzione di questo operatore permette di raggiungere la massima integrità e appropriatezza del trattamento e facilita la comunicazione del team con figure professionali esterne. Nella gestione di un patologia cronica, infatti, il team deve costruire una rete di riferimento di cui il paziente possa avvalersi una volta che il suo percorso all’interno della struttura si sarà concluso
Il trattamento interdisciplinare alla cura dell’obesità consente di prendere in carico il paziente a 360 gradi, sottolineandone il ruolo attivo e di accompagnarlo in un processo di cambiamento a lungo termine. Inoltre, presuppone un continuo confronto reciproco e quindi una sinergia e un’efficacia difficili da raggiungere con altri metodi di lavoro.

Dott. Luigi Oliva