L'obesità è una patologia e come tale va curata da professionisti. Non con la privazione e la sofferenza, ma con un programma psiconutrizionale su misura, lento, ma efficace. E la trasgressione è ammessa, se controllata.
Nella terapia dell’obesità, l’approccio medico tradizionale basato sulla restrizione calorica per un periodo breve o medio, oltre al fallimento del mantenimento del peso raggiunto, può causare concreti danni a carico della sfera psicologica e comportamentale: sensi di colpa, fallimento, bassa autostima, scarsa auto-efficacia, vergogna, depressione e incapacità di controllarsi che sfocia spesso nelle abbuffate e a volte anche nel vomito.
Il Disturbo da Alimentazione Incontrollata (DAI), corrispondente al Binge Eating Disorder (DED) degli anglosassoni è messo in relazione ai continui fallimenti da diete drastiche (sindrome dello Yo-Yo). L’imposizione di un controllo rigido porta inevitabilmente alla perdita di controllo con una conseguente assunzione calorica non programmata nè controllata.
L’incapacità del rispetto del piano alimentare prescritto, vissuto con senso di vergogna, potenzia i pensieri di debolezza e di scarsa volontà già ampiamente sperimentati da soggetto obeso. Si instaurano in questo modo pensieri fallimentari e colpevolizzanti che compromettono la qualità della vita stessa. Riprovare a perdere peso diventa sempre più difficile e la possibilità di venirne fuori sfuma sempre di più, fino all’apparente accettazione dei detestabili chili di troppo.
Mentre la società impone un modello di magrezza – sinonimo di bellezza ma anche di successo- sempre più lontano dal peso del normale corpo in salute -l’obeso continua ad essere bersaglio della industria della dieta.
Gli operatori sanitari hanno sempre più la consapevolezza della gravità della malattia ma a fatica riescono a trasmettere il messaggio della terapia che esiste ed è in grado di dare dei risultati stabili nel tempo.
La terapia giusta – considerato il fallimento dietetico- va necessariamente oltre la dieta.
Essa non guarda ai chili ma alla persona che è fatta di vissuti, idee e convinzioni che vanno quasi sempre bonificate e rieducate.
E’ possibile modificare il proprio peso modificando la propria alimentazione che va rapportata ad una normalità e non ad una restrizione.
Il dispendio energetico negli obesi è spesso o quasi sempre superiore al dispendio delle persone normopeso; basterebbe già questa convinzione per non far sentire l’obeso un diverso, uno sfortunato, uno che deve mangiare meno degli altri.
L’assunzione di cibo normale è in grado di riportare i chili verso il peso sano ovvero verso quel peso che è giusto per quell’individuo fatto di chili ma anche di pensieri, comportamenti, idee e di un normale, raggiungbile stato di salute.
Mangiare di più per mangiare di meno. Se si riesce a raggiungere la sazietà si riesce a controllarsi, ma se si stimola la fame allora la lotta diventa impari e ceramente si perde il controllo.
E’ l’idea iniziale della dieta- ovvero della restrizione- che va contrastata.
L’obiettivo primario della terapia dell’obesità non è la perdita di peso ma la capacità di controllarsi che si raggiunge sostituendo la dieta con la regola che prevede la tragressione. La trasgressione va preventivamente programmata e non è da evitare ma da inserire.
La trasgressione – in un programma psicoeducazionale, va prescritta proprio perché soltanto abituandosi e allenandosi alla sua gestione si è in grado di sperimentare la piacevolezza del controllo.
Provare il piacere di riuscire a controllarsi fa dell’obeso una persona che vede la possibilità di uscire dai suoi continui fallimenti e sensi di colpa.
Si trasforma in questo modo il continuum fallimentare in un circolo virtuoso che partendo dalla capacità di gestione della trasgressione arriva alla non perdita di controllo e quindi al controllo dell’abbuffata. Questo rappresenta una forte iniezione di antidepressivo che diventa il volano di una serie di pensieri positivi che hanno come effetto l’acquisizione del controllo alimentare che porta alla perdita di peso e alla capacità di mantenerlo per sempre.
E’ un percorso lungo, difficile ma possibile. La gestione di questo programma non può essere affidato al singolo individuo ma ad operatori specializzati (medico- dietista-psicologo) che si fanno carico della persona nella sua globalità.
L’obesità è una malattia e come tale va curata da operatori sanitari. Il diabetico, l’iperteso, l’oncologico mai si sognano di curarsi da soli né mai nessun medico dirà loro “si curi ” come spesso l’obeso invece si sente dire “dimagrisca”. L’obeso oltre ai chili e ai problemi della vita di tutti i giorni non può farsi carico di certo anche della sua malattia.
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