Stare a dieta non significa soffrire. Non può, non deve essere un periodo di tristezza e privazioni. Al contrario, quel cibo che ci piace tanto può essere inserito nel piano dietetico in modo da controllarne l'assunzione ed equilibrarne le calorie.
Mettersi a dieta è spesso una decisione sofferta perché tornano alla mente tutti i fallimenti dietetici precedenti e spesso si prova, si tenta, si inizia una dieta sperando che sia la volta buona e soprattutto che sia l’ultima.
Quella che ci farà dimagrire una volta per tutte.
Così però non è, perché non lo è quasi mai quando si dimagrisce facendo una dieta rigida, quella cioè che ci impone uno schema fisso dal quale non bisogna assolutamente uscire.
Schema rigido, regole ferree e desiderio di cibo proibito, mettono a dura prova la nostra volontà. Nasce così la voglia di trasgressione, si perde il controllo e si entra in una fase di ’non dieta’ dove si ricomincia a mangiare o meglio a rimpinzarsi di cibo e, di cibo anche inutile. Si mangia senza controllo anche se ci si era ripromessi di non farlo più. Non ci si è riusciti e quindi ci si sente in colpa.
L’esperienza dei sensi di colpa, ripetuta nel tempo, porta all’instaurarsi e al perpetuarsi di pensieri fallimentari, depressivi che spesso sono essi stessi causa di una eccessiva ricerca di cibo, che porta inevitabilmente ad un aumento di peso.
Aumento di peso che di per sè è grave, ma forse sono di gravità maggiore i danni che questo ulteriore fallimento crea a livello psicologico.
Chi ha vissuto l’esperienza dei sensi di colpa sa bene come diventa sempre più difficile riprovare un’altra dieta. Nasce, allora, l’apparente accettazione del proprio aspetto fisico,dei propri detestabili chili di troppo; è questa apparente calma che nasconde travagli interiori e che porta all’appagamento del cibo, al mangiare senza controllo, alla non dieta. La non osservanza di nessuna regola ci fa vivere meglio perché solo così, se non esiste la regola, non può esserci la trasgressione.
Ma trasgredire non solo non va evitato ma diventa utile.
La trasgressione va prevista, controllata e contenuta, non evitata. Se posso trasgredire, la dieta diventa non più uno schema fisso fine a se stesso, ma uno strumento finalizzato a modificare lo stile di vita.
Il programma dimagrante che diventa anche e principalmente di mantenimento è dato dalla regola che prevede la trasgressione. Debbo cioè imparare a controllare l’assunzione di cibo allenandomi alla regola e alla gestione della trasgressione.
Il programma alimentare che prevede dieta e trasgressione apparentemente dà un dimagrimento di entità minore rispetto all’osservanza di una dieta da 800 calorie e ciò sicuramente avviene nelle prime settimane ma nel lungo periodo cioè dopo qualche mese, mentre la dieta da 800 calorie ha sì fatto perdere dei chili ma li ha fatti anche recuperare, il programma basato sul controllo alimentare avrà dato non solo una perdita di peso più o meno importante ma anche e principalmente una educazione alimentare e comportamentale. Questo avrà modificato il nostro modo di pensare dietologico, che ci permetterà di non cadere nella trappola dei sensi di colpa che ci portano verso un’obesità psicogena cronica o peggio ancora verso l’anoressia e la bulimia dove il vomito acquista un significato liberatorio sia del cibo che di quello che rappresenta.
Vanno evitati dunque tutti i metodi dimagranti che tendono a colpevolizzare chi -suo malgrado- non riesce a stare a dieta, va cercato viceversa chi può aiutarci ad acquisire un modo di pensare dietologico corretto che è fatto di conoscenze vere, scientifiche, rapportate sempre e solo alle proprie esigenze metaboliche. Solo un nutrizionista esperto può insegnarci a soddisfarle per sempre, perché solo così, potremo diventare magri e continuare ad esserlo fin quando ci andrà.
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