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Marzo

2020

Sindrome dell’intestino irritabile: la diagnosi

La diagnosi

La sindrome dell’intestino irritabile rientra nel vasto quadro dei disturbi funzionali gastrointestinali, condizioni cliniche caratterizzate da sintomi cronici e ricorrenti che interessano un qualsiasi tratto del sistema gastrointestinale ma che non hanno un riscontro in termini di alterazioni biochimiche, metaboliche o strutturali. La diagnosi è pertanto clinica, basata sulla sintomatologia del paziente che riporta dolore o disconfort addominale attenuato da evacuazione e legato ad alterazioni della frequenza dell’alvo e della consistenza delle feci.

Secondo i criteri di Roma III i criteri diagnostici della SII sono: dolori addominali ricorrenti,presenti per almeno per tre giorni al mese negli ultimi tre mesi, associati a due o più dei seguenti disturbi :
1) miglioramento dei sintomi con l’evacuazione
2)inizio dei sintomi associato ad un cambiamento nella frequenza dell’alvo
3) inizio dei sintomi associato a un cambiamento nella forma delle feci
Nella stesura della nuova definizione diagnostica è stato posta maggiore rilevanza alle alterazioni della consistenza e forma delle feci che rispecchiano maggiormente il disagio del paziente ed i tempi di transito intestinale, in base a questa considerazione è possibile classificare la patologi in quattro sottotipi:
1) Sii con stipsi se più del 25% delle evacuazioni presentano feci caprine e meno del 25% presentano feci molli o liquide
2) SII con diarrea se più del 25% delle evacuazioni presentano feci molli o liquide e meno del 25% presentano feci dure o caprine
3) SII misto se presenti situazioni intermedie
4)SII non altrimenti specificabile se non vi sono alterazioni descritte precedentemente
La prevalenza della patologia in Europa e negli Stati uniti è del 10% e la frequenza risulta più elevata fra la seconda e la quarta decade di vita con una predominanza per il sesso femminile (rapporto F:M pari a 2:1).

Federica Mercuri – dietista –


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