Negli ultimi decenni alla parola dieta abbiamo, purtroppo, iniziato ad associare solo le calorie e quindi l’esclusione di cibi, attribuendo alla dieta un significato prevalentemente, se non esclusivamente dimagrante.
La parola dieta (diaita) nell’accezione propria del termine, per gli antichi greci e romani stava a significare uno stile di vita dove l’attenzione verso un giusto nutrimento, un adeguato movimento assieme alla capacità di vivere in tranquillità (otium) indicava loro la strada per la salute.
Salute intesa come percezione di benessere e non solo come assenza di malattia (OMS).
Negli ultimi decenni alla parola dieta abbiamo, purtroppo, iniziato ad associare solo le calorie e quindi l’esclusione di cibi, attribuendo alla dieta un significato prevalentemente, se non esclusivamente dimagrante.
Sono così nate le liste di cibi ingrassanti, da escludere a tutti i costi, e quelle dei cibi dimagranti, ai quali si attribuiscono spesso virtù terapeutiche più fantasiose che scientifiche.
Abbiamo incominciato allora a pensare che per dimagrire tanto bisognasse eliminare il massimo delle calorie. Meno mangio più dimagrisco è diventato lo slogan degli ultimi decenni. La restrizione imposta o cercata ha così innescato danni al comportamento alimentare quali la perdita di controllo e danni alla sfera psicologica quali la colpevolizzazione e il fallimento.
La parola dieta pertanto anziché sinonimo di salute e benessere è diventata causa di fallimenti, obesità e disturbi alimentari. E’ auspicabile quindi tornare alle origini e ridare al termine dieta il suo vero significato.
Dobbiamo quindi considerare la dieta come strumento di terapia per la salute dosando, grazie all’aiuto della recente tecnologia (calorimetria, holter metabolico) quello che serve per la buona funzionalità ed efficienza metabolica.
Parte integrante di diaita è il concetto della “cura di sè”, del volersi bene e riuscire ad avere quel “sano egoismo” che ci permette di pensare a noi stessi per pensare agli altri.
Se analizziamo le richieste che i pazienti ci portano in prima visita scopriamo che la domanda diretta esprime la volontà di perdere peso ma c’è sempre un desiderio nascosto che è quello di stare bene e trovare un equilibrio psico-fisico, è per questo motivo che quando viene proposta la terapia che dovranno intraprendere parliamo di percorso di “cura di sé” e non di dieta.
La cura di se stessi ha come obiettivo il benessere, il raggiungimento di un equilibrio globale della persona, gli strumenti impiegati in questo percorso sono un piano alimentare di riferimento personalizzato e l’attività fisica. Ma non si tratta semplicemente di seguire una dieta e fare del movimento bensì come prima cosa è fondamentale comprendere quali significati dare agli strumenti. Ad esempio si entra in un contesto di cura di sé se l’attività motoria viene fatta con il fine di stare bene, di sciogliere la tensione lavorativa, dedicarsi del tempo, conoscere persone nuove. La stessa cosa vale per l’alimentazione, non è funzionale seguire un’alimentazione sana per scopo dimagrante, mentre se il fine è la salute e il benessere psico-fisico sarà più facile raggiungere l’obiettivo. Si tratta di un metodo che non porta la persona ad identificarsi con la dieta e non porta a manifestare modalità rigide nei confronti dello stile di vita.
Gessica Cervesato-psicoterapeuta-