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Dicembre

2017

Perché non dimagrisco? L’adattamento metabolico

La resistenza al dimagrimento è determinata da meccanismi biologici, psicologici e comportamentali messi in atto dall'organismo in risposta ad un improvviso e drastico calo dell'assunzione calorica.


Una prescrizione dietetica troppo rigida spesso può avere come conseguenza un adattamento metabolico, ovvero un abbassamento del valore del dispendio energetico iniziale pari al 20-25% che determina come conseguenza indesiderata una resistenza al dimagrimento.

In questo modo, si assiste ad una graduale perdita di peso che si arresterà quando l’apporto calorico della dieta sarà pari al dispendio energetico a riposo.

E’ la differenza tra ciò che si consuma e che che si introduce che ci permette di perdere peso.


La massa adiposa viene metabolizzata (bruciata) per sopperire le calorie in difetto. 
Se si vuole evitare l’adattamento metabolico e avere una perdita di peso costante occorre innanzitutto misurare il consumo energetico a riposo, ovvero il numero di calorie che si consumano in assenza di attività fisica o sforzi particolari. L’apporto calorico della dieta non dovrà  quindi discostarsi dal valore misurato.

Interventi dietetici basati su calcoli teorici o peggio ancora volutamente forzati verso un livello di calorie molto basso (inferiore alle 1.100 calorie) determineranno dei danni biologici importanti.

Schematicamente i danni da dieta rigida possono essere riassunti in quattro categorie:

1. Adattamento metabolico

2. Compromissione della composizione corporea

3. Danni psicologici

4. Danni comportamentali

Adattamento metabolico

Come detto precedentemente l’adattamento metabolico rappresenta la difesa dell’organismo all’improvvisa riduzione dell’introito calorico., opponendosi in questo modo alla perdita di peso e favorendone un suo recupero immediato.
 Il concetto di rigidità riferito ad una dieta è un valore assoluto quando si prescrivono diete forzatamente ipocaloriche (pari o  inferiori a 1.000 calorie) per il resto è un concetto relativo visto le differenti misure del dispendio energetico che si riscontrano nei vari soggetti.
Pertanto le 1.500 calorie possono essere tante, poche o normali a seconda dei soggetti di riferimento.

Compromissione della composizione corporea



Il paradosso delle diete dimagranti che alla lunga diventano ingrassanti.

La perdita di peso, che spesso viene associata al dimagrimento, in realtà altro non è che perdita di massa corporea ovvero perdita di tessuto adiposo, massa muscolare, massa cellulare, acqua.
 Dimagrire in realtà dovrebbe significare divenire magri, quindi perdere grasso e non massa magra (muscolo, massa cellulare).

L’obiettivo della corretta nutrizione nel dimagrimento è quello di far coincidere la perdita di peso con la sola perdita di tessuto adiposo.

E’ nostra esperienza riscontrare come la perdita di peso superiore a 0,5-1 Kg alla settimana difficilmente corrisponde alla perdita di solo tessuto adiposo, specie quando l’intervento dietetico è limitato nel tempo.
Nel lungo periodo, ossia quando l’intervento dietetico dura mesi, la corrispondenza tra perdita di peso e perdita di massa grassa è elevata.

Un intervento corretto, rapportato alle esigenze metaboliche misurate inizialmente e monitorate periodicamente, ci consente di modificare la composizione corporea a favore della massa magra (muscolare, cellulare).

La perdita di peso ottenuta con la sola prescrizione dietetica è seguita, in una percentuale altissima pari al 95%, da un recupero del peso superiore ai chili persi; cosicchè nel tempo, e dopo diversi interventi dietetici, si pesa molto più di prima.

La percentuale di tessuto adiposo – che in un soggetto normale oscilla dal 15% al 30% – aumenta a parità di peso se l’individuo si è sottoposto a diversi regimi dimagranti. 
Si comprende quindi il paradosso delle diete dimagranti che alla lunga risultano “ingrassanti”.

Se perdo e recupero dieci chili, perdo una percentuale di grasso che di certo è inferiore alla percentuale di grasso che accumulo nella fase di recupero del peso.


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